Marionette e Pupi siciliani, sono la stessa cosa?
Parliamone
La Sicilia è portatrice di moltissime tradizioni tra cui quella del Teatro dei Pupi siciliani, e ogni città ha le sue caratteristiche. E’ importante capire prima di tutto le differenze tra il:
– Fantoccio dal nome generico, si usa per identificare un manichino articolabile dalla forma umana, spesso con tratti grotteschi in base al personaggio che si vuole rappresentare. Il materiale di costruzione, varia in base alla tradizione locale, puo’ essere realizzato interamente o per metà di stoffa, di cartapesta o di legno.
– Burattino, il cui termine viene da “buratto” che significa setaccio di stoffa, ha la testa di legno e indossa una veste a campana. In scena, si presenta quasi a mezzo busto ed è manovrato dalla mano abile del burattinaio. A Napoli è chiamato anche “Guarattella”.
– Marionetta, il termine deriva da “Marione” ovvero le “Marie”, erano delle figure portate in processione in territorio veneziano, in ricordo delle donne rapite e salvate dopo un’ irruzione dei pirati. La Marionetta, è interamente in legno ed è completa di corpo, braccia e gambe ma manovrata dall’alto con dei fili. Una sotto-categoria della marionetta, è rappresentata dai Pupi ed il termine è associato all’ altezza di un bambino.
— I Pupi a differenza delle marionette, sono animati da bacchette di ferro e da cordicelle poste sia in alto, e sia lateralmente. Il corpo pur essendo interamente scolpito da abili artisti scultori, è in legno pregiato ricoperto da un’ armatura per via del repertorio teatrale che riguarda il Ciclo dei Cavalieri di Carlo Magno. Il viso, l’espressione degli occhi, il colore della pelle, dei capelli e soprattutto il colore delle vesti è un dettaglio molto importante che fa capire allo spettatore, l’identità e la provenienza del personaggio cavalleresco, oltre allo stemma nello scudo. E’ un Pupo di famiglia Palermitana o Napoletana, oppure ancora siamo a Siracusa o a Catania?
Il primo approdo dei Pupi Siciliani… Palermo o Catania?
Sono varie le fonti dei primi pupari siciliani. C’è chi dice che il primo puparo siciliano sbarcò a Palermo, e chi invece parlano di un approdo a Catania. Ma qual’è la verità?
Possiamo dedurre che a seconda di studi storici e scientifici sulle peculiarità dei Pupi Siciliani di Palermo e di Catania, quest’ultimi si somigliano con quelli napoletani.
Le poche fonti che abbiamo, parlano del Maestro Gaetano Crimi nel 1835.
Si hanno però fonti che risalgono qualche anno addietro, con lo sbarco a Palermo del Maestro napoletano Gaetano Greco che nel 1826 metteva in scena nel capoluogo le vicende di Culumbina e Pulcinella e dove
il suo allievo Liberto Canino, qualche anno dopo decise di mettersi in proprio contendendosi il primato di primo puparo palermitano.
Il 12 gennaio del 1861 venne fondata a Catania, l’ Opera di don Giuvanni con il primo spettacolo della Storia di Orlando.
I temi dei racconti erano incentrati alla liberazione degli arabi da parte dei Normanni che dal nord Europa passarono per la Francia, portando in Sicilia l’avversario dei “mori”Carlo Magno e i suoi paladini.
Caratteristiche dei Pupi Siciliani, a Palermo, a Catania e a Siracusa.
La tecnica dei Pupi Catanesi è molto simile a quella napoletana, vi è un ponte su cui dall’alto vengono manovrati i Pupi. I personaggi cristiani escono dal lato sinistro, mentre, i personaggi pagani escono dal lato destro. I pupi hanno sempre la spada in pugno nella mano destra e i colori della veste per Orlando è il rosso, per Rinaldo è invece il Verde. Queste caratteristiche sono uguali all’opera napoletana, l’unica differenza è la presenza del filo per il movimento a Napoli, e la presenza di un’asticella nella mano destra della spada a Catania.
L’ Unicum del Pupo Catanese.
Nel 1921 a Catania troviamo i F.lli Napoli.
I loro fantocci sono definiti “quasi umani” data l’altezza di 1,20/40 cm. circa arrivando a pesare ben 30kg.
A seconda della grandezza del pupo, distinguiamo 2 figure: il puparo che “muove” e il “parraturi” che narra. Questi elementi resistettero sino agli anni ‘50, poi con l’avvento della tecnologia si decise di rimpicciolire i pupi siciliani fino a 80 cm. per essere piu’ agili e facilmente trasportabili.
Oggi il repertorio catanese è vario per adattarsi alla società, la novità è rappresentata da Peppinino l’unico pupo a parlare il dialetto catanese.
L’ Unicum del Pupo Palermitano:
A Palermo è la Compagnia Carlo Magno per interesse del Cavaliere Antonio Mancuso, che nel 1928 mette in scena i Pupi Palermitani nel quartiere di Borgovecchio e che, a differenza di quelli catanesi, quelli palermitani sono snodabili, e la caratteristica piu’ importante è che sono abili a sfoderare la spada per poi riporla nel fodero. I fantocci sono alti circa 90 cm e pesano 4-5 kg, e gli occhi dei personaggi piu’ importanti sono di vetro. Nelle battaglie e nei combattimenti, i pupi snodabili hanno la caratteristica di spaccarsi a metà e il puparo coordina animazione e voce in contemporanea.
L’opera ha acquisito così tanto valore artistico che Enzo Mancuso il pronipote del Cavaliere Antonio M. nel 2003 ha aperto il teatro stabile dell’Opera dei Pupi nel capoluogo siciliano.
Una nota importante, sempre a Palermo è quella di Mimmo Cuticchio, regista e imprenditore teatrale che nel 1973 decise di dedicarsi interamente alla tradizione dei pupi creando il Teatro dei Pupi Santa Rosalia, successivamente nel 1977 fonda l’Associazione “Figli d’Arte Cuticchio”. Il lungo lavoro del Cuticchio si differenzia dagli altri, perchè lui riadatta l’opera ai “giorni nostri”, rivisitandola e aggiungendo oltre alle narrazioni tradizionali di Carlo Magno, la narrazione dei periodo dei Borbone in Sicilia, ma anche le farse appartenenti alla vita quotidiana odierna. Mimmo Cuticchio, è il piu’ noto protagonista del teatro dei pupi odierno.
“[…] Pupi siamo, caro Signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti […].” Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello.
L’ Unicum del Pupo Siracusano.
A Siracusa, i Pupi Siciliani sono di cartapesta, sono alti circa 80 cm e pesano circa 7 kg. I paladini a differenza di quelli palermitani, hanno le ginocchia rigide e non tutti i personaggi sono muniti di armatura. I pupari contemporaneamente “parlano e muovono”, inoltre, vi è la presenza anche di personaggi femminili con vere e proprie voci di donna, come il personaggio di Angelica. Possiamo parlare dunque di un mix tra scuola palermitana e scuola catanese. A Siracusa, precisamente a Ortigia, vi è la Compagnia Vaccaro-Mauceri che risale in tempi piu’ vicini a noi a partire dal 1978 con la presenza anche di un teatro stabile.
Suoni & Musiche nell’ Opera dei Pupi
E’ grazie all’antropologo siciliano, Giuseppe Pitrè che abbiamo le notizie storiche sull’Opera dei Pupi nell’800:
1. La musica di apertura, veniva prodotta da alcuni tamburi posizionati davanti il teatrino, poi i violinisti, aprivano lo spettacolo.
2. Quando in scena entrava un personaggio importante, venivano imitati i passi misurati e gravi.
3. La chiamata alla battaglia, era accennata dalla musica della tromba e poco prima della marciata, l’azione era accennata dalla musica di un tamburo, le spade dovevano farsi sentire dal pubblico e il ritmo del violino accelerava durante la battaglia.
4. Un lieve batter di piedi dal puparo, indica la fine della lotta, il silenzio e l’inizio del dialogo.
5. Le suonate preferite dagli spettatori duravano circa 15 minuti e servivano da interruzione tra la prima e la seconda parte dello spettacolo.
Pupi Siciliani e città.
Lo studioso Ettore Li Gotti, evidenzia la differenza musicale tra Palermo e Catania. Se a Palermo la musica era prodotta da organini di Barberia (piccoli organi a manovella), a Catania la musica era prodotta dall’orchestra con l’uso della tromba. A Messina, la tradizione musicale è simile a quella del puparo Ninì il Calabrese dove l’accompagnamento musicale è ritmato dalla chitarra con il battere dei piedi per invitare la partecipazione degli spettatori. A Siracusa, lo studioso Antonino Uccello confermava l’utilizzo di strumenti a corda quali: la chitarra, i violini e i violoncelli. Ad Acireale in provincia di Catania, uno dei pupari piu’ noti del catanese Emanuele Macrì rappresentava in scena “L’annunzio ai pastori della Natività di Cristo”, dove la musica viene riprodotta dalla voce di un giovane con la chitarra, mentre, solo da lontano si udono i campanacci di greggi al pascolo. I rumori determinano l’andamento delle narrazione, “u scrusciu di l’armi” il rumore delle armi, il rumore delle catene che accompagna l’ingresso dei demoni, le imitazioni degli animali da parte del puparo, sono elementi fondamentali.
Analisi sonore nell’Opera dei Pupi.
Antonio Pasqualino, analizza gli elementi sonori delle battaglie che fungono da apertura /chiusura.
Il “cozzare” è lo strofinamento delle armi e, i movimenti delle battaglie in gergo “Figure”, si distinguono a seconda dei luoghi e dai modi.
A Catania, i movimenti sono di 2 tipi: il primo tipo è quello dei paladini uno di fronte l’altro che, con la mano sinistra reggono lo scudo e con la mano destra hanno la spada che fanno roteare all’altezza del capo. Il secondo movimento è lo scontro finale.
A Palermo, i movimenti sono prodotti dagli Squadroni che cozzano le loro spade seguendo una tecnica ben precisa: in avanti, a destra, a sinistra, in alto, indietro e di nuovo a destra.
Mimmo Cuticchio, rappresenta le sue battaglie in 4 ritmi riprodotti dal suo zoccolo in legno. Inventa e crea altri strumenti di riproduzione sonora:
–> Si ha l’uso della conchiglia che imita i ruggiti del drago ed emette il suono del “Corno di Orlando”.
–> Una bacchetta di ferro con dei cerchi in latta, produce il rumore che accompagna l’entrata del diavolo. Infine, i piani meccanici emettono il Galoppo, la Battaglia e il Lamento.
A Monreale infine, il movimento “dei quattro colpi” ( quando i cavalieri stanno vicini e con la spada in avanti), avviene dal basso verso l’alto.
Non mi resta che consigliarvi di andare ad assistere LIVE uno spettacolo di Pupi Siciliani!