Adrano

Adrano

Secondo alcuni studiosi, il nome del paese di Adrano deriva da Adranon  di origine orientale, mentre secondo altri, è di derivazione italica. Pare  comunque che il tiranno di Siracusa Dionìsio I o Dionigi detto il Vecchio, fondando la città l’abbia chiamata Adranon in riferimento al dio della guerra. I greci associarono il dio (oltre che alla guerra), anche al fuoco, identificandolo con Efesto.
Infatti secondo lo storico Adolf Holm, furono attribuite ad una sola entità, notizie riguardanti a due diverse divinità e, per questo motivo, Adranon riunisce sia il carattere di dio della guerra, indicato con il simbolo della lancia, e sia quello del dio del fuoco, appartenente a Efesto.

Secondo la leggenda:

il dio Adranon, venerato anche in altre località siciliane, era seguito da un corteo di mille cani, che accoglievano festosamente gli ospiti, e che sbranavano i mentitori ed i ladri.

In età romana e latina invece, il centro abitato si chiamò Hadranum, in età saracena Adarnu o Adarna, in epoca normanna AdernioAdriano, e in epoca angioina Adernò. Solo dal 1929 in poi fu definitivamente chiamato Adrano.

Ma torniamo ancora un pò indietro e parliamo delle civiltà che vi abitarono. In un primo momento, furono i Greci a popolare il territorio, e fondarono nel 400 a.C, ad opera di Dionigi il Vecchio di Siracusa, la città greca di Adranon per rafforzare l’egemonia siracusana nella zona.
Il possedimento consentiva, infatti, il controllo del Simeto e della città sicula di Centuripe, che si ergeva su una altura presso la sponda opposta del fiume.
Ma la conquista da parte di Dionigi il tiranno siracusano, fu molto cruenta e comportò la deportazione della popolazione.
Nel 344 a.C., durante la marcia di Timoleonte di Corinto (un politico militare siceliota, ovvero greci di sicilia) verso Siracusa, ad Adranon si combatté una battaglia che vide le truppe timoleontesi sbaragliare quelle di Iceta, tiranno di Leontinoi (oggi Lentini). Si narra che dopo la battaglia, Timoleonte fu accolto con clamore dalla città di Adranon.
La città fiorì ed ebbe un notevole benessere, si crearono scuole di pittura vascolare di meravigliosa fattura (vedi vaso dell’Ermitage in foto).
Nel 263 a.C. l’Impero romano conquistò la cittadina etnea e fu inclusa nell’elenco delle  civitates stipendiariae, ovvero quei centri siciliani costretti a versare un tributo a Roma. Poco dopo Adranon, venne combattuta dal console Valerio con 8mila fanti e 600cavalieri, fu trattata assai duramente e le case furono rase al suolo. Gli abitanti passarono alla spada ed il territorio fu consegnato agli “aratoresdi Centuripe, che vi costruirono le proprie masserie.

Nel 139 a.C. nell’isola siciliana, i proprietari romani chiedevano ai contadini il pagamento di quote così alte del raccolto che questi non riuscivano a pagare il dovuto, e finirono per diventarne schiavi. Pian pianino gli schiavi si moltiplicarono e questo comportò alla formazione di vere e proprie organizzazioni costituite da schiavi per rivendicare la loro libertà. Essi si unirono ad Euno, si ribellarono e saccheggiarono le proprietà dei signori centuripini. Euno, dopo anni di resistenza, dopo essersi nascosto per bene nella roccaforte di Adrano, di Enna e Taormina, nel 131 a.C., fu sconfiancora nn lo sooooootto e i suoi seguaci furono massacrati, inoltre la cittadina di Adrano per molto tempo venne considerata solo come territorio di Centuripe.

Durante il periodo delle invasioni barbariche Adrano, fu il mirino di frequenti saccheggi, durati sino al dominio bizantino, quando le catene furono di nuovo strette ai contadini tenuti in stato di servitù. Con l’occupazione Saracena (attraverso il latino “sarraceni” si fa derivare dall’ aramaico sarq[iy]īn che significa “abitanti del deserto” da sraq, “deserto”), il dominio bizantino volse al termine ad opera dell’emiro Musa verso la fine dell’anno 950 d.C., quando la cittadina di Adrano era ridotta ad un misero villaggio di capanne.I saraceni si insediarono accanto alla Cuba una cappella paleocristiana (vedi foto), dove fu edificata la residenza del Kaid Albucazar (funzionario musulmano), mentre gli adraniti si ritirarono verso est. I Saraceni, cambiarono il nome di Adranon in Adarnu o Adarna ed eressero una fortezza chiamata “Salem”, inoltre, furono abbastanza tolleranti, più attivi economicamente e ripopolarono diversi casali, il più importante quello di Bulichiel. Usarono l’acqua sia per i mulini, che per l’irrigazione delle colture di cereali e arboricole, come i fichi, i mandorli, i gelsi neri per nutrire il baco da seta oltre al lino e alla canapa e per primi costruirono per attraversare il Simeto (nei pressi della contrada di Mandarano) una zattera.

Nel 1075 con l’assedio del casale di Bulichiel, Adrano fu assediata dai Normanni (uomini del Nord appartenenti alla Scandinavia) da parte di un gruppo di cavalieri guidati da Ugo di Yersey (noto anche come Ugone di Circea) fu un cavaliere normanno e il primo Conte di Paternò oltre a essere Signore di Catania. Nonostante l’eroica resistenza del Caid Albucazar, il casale Bulichiel venne occupato dai normanni e i cristiani adraniti li accolsero come liberatori.Nella diocesi di Catania, fu compresa Adrano per volere del monaco Ansgerio.  Il territorio, era retto da un vicecomes (governatore) e da uno stratigoto (giudice criminale) che era anche castellano della fortezza. Nel periodo normanno Adrano continuò il progresso iniziato con i saraceni e la comunità adranita, che integrava abitanti di origine greca, saracena e normanna, era costituita da abili agricoltori, artigiani specie nell’arte della seta e della concia delle pelli.

Il periodo svevo segnò per tutta la Sicilia, l’inizio di intolleranze, e lotte di potere. I Saraceni furono perseguitati e costretti a ribellarsi fortificandosi sotto la guida di Mirabetto, a Troina, Entella e Centuripe. Solo intorno al 1225 furono sconfitti e in gran parte massacrati, i superstiti invece furono deportati e confinati a Lucera (prov.di Foggia in Puglia). Durante questo periodo, si verificarono per Adernò 3 fatti significativi:

1) l’intera città oltre al castello divennero il nascondiglio della famiglia dei conti Bartolomeo, che saccheggiarono con violenza i beni della chiesa, ma furono vinti e banditi da Federico nel 1209.

2) Venne distrutta Centuripe e i suoi abitanti furono deportati ad Augusta.

3) Comparve Giovanni Calcara, un accattone che si fece credere (assecondato ed usato dagli interessati), di essere l’imperatore venuto per invitare i popoli al ritorno dell’obbedienza alla chiesa. Ma Filangeri (d’origine normanna), constatando il pericolo che costui rappresentava per Manfredi di Svevia, lo catturò e lo fece impiccare a Catania assieme ai suoi seguaci.

Adernò risentì molto di queste lotte e passò, come gran parte della Sicilia, sotto il governo di Carlo I d’Angiò, poi di Corradino di Svevia che nel 1258 fu scomunicato dal il Papa Clemente IV, celebre è la frase che il Papa disse:”Mors Corradini, vita Caroli. Vita Corradini, mors Caroli” ovvero, “La morte di Corradino è la vita di Carlo” e successivamente, Corradino venne decapitato a Napoli. Capece di Napoli e seguace di Corradino, si rifugiò a Centuripe, ma fu assediato dagli Angioini e alla fine, fu catturato, accecato e impiccato. Da allora Adernò passò dalla dominazione della nobile famiglia Lanza (Lancia) discendente dalla Famiglia Reale dei Duchi di Baviera, a quella della famiglia Maletta di Svevia. Il casale, che era stato un tempo fiorente con i Normanni, si ridusse con gli Angioini, ad un misero abitato sotto le grinfie dei peggiori predatori causando l’impoverimento della popolazione che passò da circa 1000 a 300. Il periodo angioino e quello aragonese (fino a Federico IV, detto l’Imbecille intorno al 1377), causò un graduale scivolamento verso l’anarchia, che da un lato tolse potere ai sovrani e dall’altro impedì la crescita della borghesia commerciale e delle attività giudiziarie. I “mastri artigiani” si schierarono con i nobili e contro i piccoli contadini e i braccianti e nonostante Pietro III di Aragona fosse stato invocato come un liberatore, continuò a opprimere la popolazione con la scusante di dover cacciare gli Angioini.
Adernò divenne feudo del cavaliere catalano Garcia De Linguida e nel 1286 il feudo fu concesso a un funzionario del re Giacomo d’Aragona, Luca Pellegrino. Margherita, la figlia di Pellegrino, sposò Antonio Sclafani di Palermo e il loro figlio Matteo, fu nominato conte di Adernò e di Centorbe (oggi Centuripe) oltre a essere Signore di Ciminna, Chiusa e Sclafani (provincia di Palermo).  Costui essendo però un uomo ricchissimo, fu anche pirata e mercante di schiavi siciliani. Inoltre Matteo, dalla prima moglie ebbe una figlia che diede in sposa a Guglielmo Raimondo Moncada e dalla seconda moglie, ebbe la sua seconda figlia che diede in sposa a Guglielmo Peralta di Caltabellotta.
Mentre abitava a Palermo in un sontuoso palazzo, la cittadina di Adernò, povera ed indifesa, venne prima occupata da Roberto d’Angiò e successivamente dai latini guidati da Ruggero Tedesco. Nel 1352 Matteo Sclafani sfuggì a un agguato mortale, ma morì 2 anni dopo, ovviamente la sua morte scatenò una contesa per la successione, che durò ben 43 anni. Il risultato? I Peralta (famiglia piemontese-sicula, discendenti dei sovrani di Navarra) rinunciarono ai loro diritti a favore di Guglielmo Raimondo III Moncada, che lasciò al fratellastro Antonio Moncada (1355-1377) la contea di Adernò e Centorbe.
I Papi Urbano X e Gregorio XI con la scusa di togliere i diritti alle città siciliane, imposero tassazioni più che alte.

Il periodo dei Viceré fu dal 1412 al 1515, furono i padroni di Adernò:

1°Giovanni Moncada (1414-1454), 2° Giovanni Raimondo IV Moncada (1454-1466), 3°Giovan Tommaso Moncada (1466-1501), 4°Guglielmo Raimondo V Moncada (1501-1515), e 5° Antonio III Moncada (1511-1549).

Antonio Moncada lasciò la contea di Adernò al nipote 2°) Giovanni Raimondo, che appoggiava la regina Bianca di Navarra (1410-1416).

Giovanni Tommaso Moncada, restaurò la torre di Adernò e da allora prese il nome di castello, circondandolo con un bastione, fece progettare la chiesa di S. Sebastiano; invitò a venire ad Adernò i frati minori osservanti di S. Francesco, offrì il feudo di Poggio Rosso per l’insediamento di un gruppo di profughi epiroti, detti “li greci” che fondarono un piccolo casale. I famigliari della moglie di Tommaso (Ramondetta Ventimiglia), costruirono palazzi nel centro di Adrano, uno dei quali divenne nel XVI secolo sede della congregazione del Devoto Monte di Pietà e nel XIX sede del Municipio.

Guglielmo Raimondo V (il figlio di Tommaso), giudice e capo militare, ottenne dal viceré il privilegio di ripopolare il territorio di Centorbe (oggi Centuripe).

Antonio Moncada III, fu intollerante di ogni legge e committente di reati con l’inserimento a una banda di 50 membri capitanati da Mariano Planes di Licodia Eubea.
In questo periodo si costituì il nucleo amministrativo di Adernò attorno al quartiere della “Piazza”, composto da funzionari di ceto nobile. I più importanti erano: il capitano di giustizia, i 4 giurati, il tesoriere, il giudice civile, il giudice criminale, l’archivista, il mastro notaro, il castellano e il governatore del conte.
A questo periodo risale anche la chiesa di S. Antonio Abate col meraviglioso polittico, opera forse del pittore Salvo Di Antonio. E i successori di Antonio, Francesco Moncada e Luna e Francesco II (1550-1592), ebbe grande impulso l’edilizia religiosa: fu ingrandita la chiesa di S. Maria Assunta, fu progettata la matrice a tre navate, si diede inizio alla costruzione del monastero di S. Lucia nuova, si fondò la chiesa della Catena. Adernò adesso toccava i 6mila abitanti, essendosi accresciuta di un terzo rispetto ai primi del secolo.costituita da una robusta classe di borghesi ed agricoltori, che avevano dato impulso alla produzione del grano ed all’allevamento del bestiame, anche se la classe nobiliare manteneva privilegi, come quello di trattenere schiavi.
Sotto il principato di Don Antonio Aragona e Moncada e di Luigi Guglielmo Adernò era un immenso cantiere per fabbriche ecclesiastiche e per palazzi (come quelli degli Spitaleri nel quartiere “Gurgo”, dei Ciancio nel quartiere S. Pietro, dei Guzzardi e dei Campo nel quartiere della “Piazza” e della Catena). Solo nel 1693a causa di un terremoto, questi edifici furono distrutti.

Dal 1700 al 1820, la battaglia di Francavilla del 1819 quando gli spagnoli furono battuti dagli austriaci, fu per Adernò causa di grandi malanni e di violenze. Al dominio piemontese (1713-1720) successe il dominio austriaco che si caratterizzò per l’esosità fiscale. Solo verso la metà del ‘700, con la venuta dei Borboni, la situazione agraria ed economica migliorò e la popolazione ricominciò a crescere. Nella città si iniziò la coltura intensiva dell’ulivo e la produzione dell’olio e si costruirono la nuova chiesa di S. Lucia, i “dammusi reali” (costruzioni edili a volta) il più famoso è quello di Pantelleria (vedi foto esempio), il teatro e venne istituito la fiera di S. Lucia, inoltre le strade principali vennero “basolate”. Adernò così divenne capoluogo di circondario e sede di giudice regio, nel 1819.

Nel 1820 a seguito della rivolta scoppiata a Palermo, a Biancavilla, Bronte e in parte ad Adernò si svilupparono forti agitazioni sociali e si costituirono dei comitati provvisori a sostegno del colonnello Pietro Bazan, che aveva concentrato il grosso delle forze armate della Sicilia orientale a Troina. Il comitato di Adernò fu, presto eliminato e la città divenne una roccaforte dei Borboni con le “squadre punitive” capitanate da don Francesco Palermo. Tra i reazionari più attivi si distinse il giudice Giovanni Sangiorgio Mazza che calmò le acque. Nel 1930 il movimento antiborbonico riprese vigore ed erano costituiti da gruppi di volontari appartenenti ad Adernò, guidati da don Pietro Cottone, Biancavilla, guidati da don Angelo Biondi, e da Catania, ma non ci riuscirono e furono occupati. Il 1849 fu l’anno della pesante reazione e durò fino al 1860, la ribellione era per la mancanza di lavoro, la denutrizione e le spaventose condizioni igieniche.

Dal 1860 ai primi anni del’900, l’avvento di Garibaldi in Sicilia con “la spedizione dei mille” accese molte speranze, ma non risollevò le sorti delle classi più deboli anzi furono colpiti i contadini dalle stesse truppe.

Dal 1862 al 1867 furono costruiti 8 fanali per l’illuminazione pubblica, furono lastricate la via Garibaldi e la via Nuova, si creò un passeggio in un tratto della Vigna di corte, si avviarono le trasformazioni di case religiose in un ospedale, un asilo di mendicità, una scuola tecnica, un ufficio per le imposte, un ospizio femminile, un asilo infantile e scuole elementari. In questa periodo le coltivazioni prevalenti erano l’agrumeto, l’uliveto ed il vigneto. Uno dei tumulti più significativi scoppiò nel 1898 e fu sedato da un lato con l’acquisto di grano per fornire di pane le botteghe e dall’altro con l’intervento del Prefetto. Il sindaco Antonio Inzerilli programmò diverse opere pubbliche che consentirono di occupare posti di lavoro come muratori, scalpellini, manovali e carrettieri. Negli anni 1920 vi si operò con notevole efficacia ad Adernò che si distinse per le sue iniziative mutualistiche a favore dei piccoli contadini. La sua azione consentì la trasformazione di interi feudi coperti di lava in fiorenti agrumeti, oliveti e mandorleti.

Da visitare ad Adrano:

  1. Museo di Adrano, Archeologia e storia sotto il vulcano.

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Chiese da vedere:

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